destra o sinistra?

se avete un po' di tempo vi consiglio questo interessante articolo scritto da don Vitaliano Della Sala...
come siamo seriosi ultimamente su Loescludo... presto torneremo con qualcosa che ci confermi i soliti cazzari. Non c'è niente di cui preoccuparsi..

destra o sinistra?
di
donvitaliano

lavavetri / chiesa / politica

Non capisco perché i politici si arrabbino tanto, quando si dice che destra e sinistra attuano le stesse politiche. Per non scomodare le politiche dei governi nazionali, basta vedere quelle delle amministrazioni locali: sfido chiunque a dimostrare che Cofferati da Bologna, sia un sindaco di sinistra e Gentilini da Treviso, sia invece un vicesindaco di destra. E che dire dell’ordinanza del Comune di Firenze, guidato dal sindaco (rosso?) Dominici e da una maggioranza di centrosinistra, che se la prende con i lavavetri ai semafori? È un’ordinanza di destra o di sinistra? Alla radio ho seguito la presentazione di un libro di nonsocchì, che cerca di dimostrare che il liberismo è di sinistra! Sarà così ma, dal mio piccolo osservatorio, avverto che il “popolo sovrano” è sempre più confuso per quanto riguarda la politica e i politici.

Sono un prete che viene facilmente tacciato di essere di sinistra. Quand’ero ragazzo e cercavo di diventare prete, un parroco delle mie parti mi diceva che chi è figlio di comunista non può aspirare al sacerdozio. A molti preti come me è stata affibbiata l’etichetta di prete rosso. Dom Helder Camara, il vescovo brasiliano recentemente scomparso a cui non è mai stata risparmiata l’accusa di essere comunista, diceva: “se do da mangiare al povero mi dicono che sono un santo, se cerco di capire perché il povero non ha di che mangiare allora mi dicono che sono un comunista”.

Viene facilmente tacciato di comunismo chiunque pensa che la ricchezza non è casualmente distribuita e ritiene ingiusto l’ordine del mondo che fa molti poveri e pochi ricchi.

Ma c’è oggi chi farebbe carte false per non essere chiamato comunista e si affanna a gettare nella spazzatura non solo gli aspetti discutibili del proprio passato, ma anche le utopie, gli ideali, le lotte e le conquiste sociali per le quali altri hanno speso la vita. Napolitano, Bertinotti, D’Alema, Veltroni, Cofferati, Dominici e molti altri che comunisti lo sono stati - almeno nel senso che hanno avuto in tasca la tessera del partito comunista italiano o tessere analoghe - fanno a gara nel prendere le distanze dal comunismo sostenendo, ad esempio, che non si concilia con la libertà e con il mercato, mentre il mercato sarebbe perfettamente conciliabile, secondo loro, con la libertà. E così, più prendono le distanze dal comunismo, più aderiscono all’ideologia del capitalismo. Tragicamente questo comporta che per non essere più “comunisti” bisogna non vedere che esistono mercati che fagocitano gli uomini per salvaguardare i profitti; violazioni delle più elementari libertà; che masse di diseredati sono derubate del diritto ad una vita almeno non indecente; bisogna negare, cioè, che esistono ingiustizie strutturali da sovvertire, sistemi di disuguaglianze da rovesciare.

Io non credo che esistano soltanto le due categorie di comunismo e liberismo; quest’ultima vincente e l’altra di cui seppellire finanche i più miseri resti. Credo che tra di esse si insinuino, con la forza di cunei, le donne e gli uomini, il cui numero si conta in miliardi, che vivono ricacciati ai margini del sistema mondiale e a cui non è stata riservata alcuna possibilità di futuro. Tra questi i “famosi” lavavetri che tanto infastidiscono il sindaco fiorentino. Tra attuali liberisti e ex comunisti convertiti di fresco al neoliberismo, queste donne e questi uomini penso siano la parte con la quale stare, per la quale schierarsi.

Fino a che non sono comparsi sulla scena politica questi loschi figuri sinistri (loro si!) che, sfruttando gli ideali e l’elettorato di sinistra sono diventati sindaci, deputati, ministri, presidenti della Camera, capi di governo e dello Stato, il termine sinistra ha sempre rivestito alcuni significati simbolici, legati alla diversità, all’essere fuori standard, a guardare il mondo dal lato da cui la maggioranza non guarda. Oggi, concretamente, dovrebbe voler dire pacifismo, non violenza, ambientalismo, solidarietà, disobbedienza alle leggi ingiuste, lotta contro la globalizzazione dei mercati. La sinistra è il lato dei perdenti, dei senza potere, degli esclusi, degli emarginati, dei senza casa, dei senza terra, dei senza lavoro, dei senza alimenti, dei senza salute, dei senza educazione, dei senza libertà, dei senza giustizia, dei senza indipendenza, dei senza democrazia, dei senza pace, dei senza patria, dei senza domani.

Essere di sinistra dovrebbe significare stare dalla parte dei giovani, delle donne, degli omosessuali, degli immigrati, dei portatori di handicap, dei vecchi, dei cosiddetti malati di mente, dei tossicodipendenti, insomma di tutti coloro per i quali non c’è spazio in un mondo che vive per produrre, proprio come i lavavetri fiorentini. Essere di sinistra per me vuol dire incarnare il mio essere cristiano in questo particolare momento storico; significa concretizzare quella opzione per i poveri che non è una scoperta recente ma appartiene al Vangelo come elemento essenziale. E optare per i poveri significa scegliere la loro causa, i loro interessi; ed escludere, perciò, necessariamente gli interessi conservatori dei ricchi, il loro stile di vita (che è un insulto ai poveri), i loro privilegi, la loro gestione parziale del potere, i loro sfruttamenti. Essere di sinistra non significa ridursi a sedere nel lato sinistro di Parlamento e dei vari parlamentini, né ridursi all’appartenenza alla sinistra storica, né ad un partito politico, o avallare le scelte di un partito, solo perché si dice di sinistra.
Don Lorenzo Milani
Per me vale quello che diceva don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, nella sua famosa lettera a un giovane comunista (e Dominaci dovrebbe saperlo bene): “hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero ad avere ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione. Ma come è poca parola questa che tu m’hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso. Quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più “hai ragione”. Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo: “Beati i poveri perché il Regno dei cieli è loro”. Ma il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene, quel giorno io ti tradirò”.

Allora bisogna disassuefarsi dal quietismo borghese e capire che la coerenza della militanza a sinistra passa in primo luogo attraverso l’analisi delle realtà marginali, passa poi attraverso la denuncia, non di ufficio, non generica, ma puntuale e circostanziata delle responsabilità che determinano e mantengono l’emarginazione; in secondo luogo una militanza coerente passa attraverso un impegno costante, non soltanto pre elettorale o televisivo; ma, più di ogni altra cosa, la militanza passa attraverso un proporre e un fare efficace, che confermi e non smentisca una opposizione, durata decenni, a certe politiche razziste, liberiste, di destra.

Dominaci & C. dovrebbero saperlo bene - visto che per anni ce lo hanno raccontato fino alla noia - che i lavavetri, e più in generale gli immigrati, sono il frutto di secoli di sfruttamento che i “nostri” padri hanno messo in atto nei confronti dei “loro”; sfruttamento che continua oggi, si chiama globalizzazione dei mercati e viene attuato dai governi del nord, di destra e di sinistra, contro i sud del mondo. Con questo non voglio dire che l’immigrazione oltre che una risorsa non sia anche un problema. I lavavetri infastidiscono, è vero. Ma nessuna persona razionale e sufficientemente informata può ritenere che davvero la strategia repressiva risolva qualcuno dei problemi sollevati dall’immigrazione. Erigere muraglie nel tempo della globalizzazione totale è come recitare giaculatorie per fermare la pioggia. In conseguenza dell’appesantimento del controllo repressivo avremo solo una intensificazione del dominio della illegalità e della delinquenza sull’immigrazione. Non è questo che vogliono le strategie repressive, ma questo è lo sbocco inevitabile. Ed è proprio ciò a cui puntano le forze politiche ed economiche irresponsabili che da un lato cavalcano il disagio, la paura e le angosce della gente, mentre dall’altro fanno affari d’oro con gl’immigrati irregolari, facendoli lavorare a nero con salari irrisori, senza diritti né sicurezze, oppure utilizzandoli per manovalanza in traffici loschi.

Il problema vero, primario, non è l’immigrazione, ma la globalizzazione liberista. L’economia basata sul valore assoluto e quindi totalitario del danaro e del profitto sfrutta il divario Nord-Sud per annullare gradualmente la società dei diritti, per distruggere lo stato sociale, per portare a fondo la sconfitta della classe operaia e della sua cultura solidale. Al dominio della finanza che regola il libero mercato fa comodo un Terzo Mondo disperato. E gli immigrati servono in quanto assolutamente ricattabili, bisogna quindi che almeno in certa misura siano irregolari, braccati, disperati, impauriti, affamati, pronti a subire tutto per sopravvivere.

Anche questo Dominaci & C. dovrebbero saperlo bene, certamente meglio di me, visto che anche su questo hanno basato le loro campagne elettorali e anche per questo sono stati eletti; allora delle due l’una: o sono ignoranti o in mala fede. In ogni caso, " que se vayan todos" (che se ne vadano tutti) come hanno gridato milioni di persone in Argentina contro partiti che anziché proporre politiche e leggi giuste e eque, per puro tornaconto economico ed elettorale, si lasciano trascinare dagli umori di un elettorato disinformato e ignorante. E non venite a parlarmi di democrazia e di rappresentanti eletti dal popolo! Perché anche il popolo di Beppe Grillo, quello dei girotondi e mille altri che non si riconoscono con questa casta politica, sono la democrazia. Anzi la casta del palazzo dovrebbe ringraziare chi come Grillo riunisce gli scontenti e da loro la possibilità di sfogarsi contro i potenti di turno: l’alternativa, non ce lo auguriamo, potrebbe essere la ripresa di un terrorismo extraparlamentare e la P38. Negli anni ’70, in una situazione politica analoga a quella odierna, il muro contro muro tra istituzioni e movimenti, con l’avallo della sinistra, procurò soltanto l’acuirsi di ostilità e di esasperazioni sociali, sfociate proprio nel terrorismo; oggi rischiamo di assistere allo stesso schema di involuzione democratica e di scontro mortale, nel quale si rischia di bruciare democrazia e libertà.

Sono sicuro che purtroppo l’ordinanza avrà un consenso diffusissimo, ma contro ci sono “ragioni” enormi: il rifiuto dell’autoritarismo, il rispetto della dignità di ciascuno. Bisogna rifiutare la logica dell’esclusione, del prendersela con il debole per distrarre rispetto ai problemi “forti” delle nostre città che non si vogliono affrontare: cementificazioni, traffico, tumori e malattie respiratorie in aumento, danni ambientali, politiche abitative disastrose, una società sempre più precaria, un potere d’acquisto in perenne caduta. Invece di affrontare questi temi, si decide di investire sulle paure del cittadino benpensante, emarginando ulteriormente l’immigrato, il lavavetri, il senza fissa dimora, il punkabbestia, il graffitaro…. le logiche di questa ordinanza sono da rifiutare senza appello se esiste ancora una cittadinanza democratica.

Sono le garanzie democratiche che occorre difendere da questa ordinanza: quello che vale oggi per il lavavetri, potrà valere domani per ciascuno di noi. Se lasciamo passare il principio sarà solo una questione di tempo: noi stessi diventiamo ogni giorno più precari, noi stessi ci impoveriamo ogni giorno di più. Oggi il bersaglio è il lavavetri, il precario al quadrato, e domani ciascuno di noi, ciascuna categoria potrà diventare un bersaglio per nuove esclusioni.

Una società democratica ha il dovere di attuare politiche sociali efficaci: primo soccorso e assistenza verso gli immigrati in difficoltà, senza prevedere l’uso delle polizie e senza il bisogno di armare i vigili urbani. Bisogna pretendere dignità e umanità in favore dei più deboli, italiani o stranieri: un letto per dormire, un piatto caldo al giorno, un posto dove lavarsi, un lavoro dignitoso. Credo che la sicurezza sia importante, specialmente quella di vivere in città pacifiche e accoglienti, e non “pacificate” attraverso la rimozione forzata dei problemi. Ma se la sicurezza nelle nostre città è indispensabile, prima della sicurezza viene la dignità della persona. Altro che politiche di destra proposte e attuate da amministratori di sinistra!


don Vitaliano

don Vitaliano "la mia parrocchia vasto mondo"
Wikipedia - Don Vitaliano Della Sala



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