FIKY FIKY
Testo e Musica di G. Drudi
Nella sabbia che scotta
Mi son preso una cotta
Sotto il sole che abbronza
Ho incontrato una gonza
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME… DAI! DAI!
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME…
Sei tutta bagnata
In questa estate infuocata
Esci dall’acqua bagnata
Sotto l’albero di cioccolata
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME… DAI! DAI!
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME…
La voglia che sale
Nel pensier di leccare
Di mangiar di pensare
Di succhiare un bel mango….staccalo dai!!!
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME… DAI! DAI!
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME…
Ce l’hai tutta in bocca
Questa voglia che scocca
Piano piano ti scende
E diventa crescente
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME… DAI! DAI!
HEY CI SATI FIKY FIKY CON ME?
FACCIAMO FIKY FIKY INSIEME… io e te….
Fiky fiky ….fiky fiky fiky…
GIANNI DRUDI
UNO DI
NOI.
un'altro capolavoro per chi non fosse sazio di
questo:
La canzone più bella mai scritta
dal mitico GIANNI.
Era passato in televisione per sottoporci questioni di primario interesse storico-culturale come le lezioni 3 e 4 su RaiSat.
Ieri ecco comparire il nostro Marxiano Melotti su youtube in un contesto spassosissimo che nulla ha a che fare (o almeno nulla dovrebbe avere) con il suo lavoro.
Non ci si spiega cosa ci faccia lì e perchè si umilii così, però fa ridere.
Marxiano Melotti e le tette:
INCREDIBILE!!
Sono state installate da 6 mesi 2 telecamere, una in Via Tolemaide e una in Via Archimede.
Le multe sono da 80 euro per ogni volta che il tuo mezzo ha toccato la striscia gialla.
Non è come per il calcio che è gol solo quando il pallone supera TOTALMENTE la riga, le multe vengono notificate dopo 5 mesi, arrivano tutte insieme, e scattano appena la ruota tocca il giallo.
Tra poco entreranno in funzione le altre 14 telecamere, che sono già state piazzate per la nostra felicità.
via Canevari (direzione Centro, all'altezza del civico 20)
via Fillak (direzione Centro, a metà della via)
via Barrili (direzione Levante, all'altezza del 14 rosso)
via Giacometti (direzione Centro, civico 10)
via Invrea (direzione Levante, civico 12)
via Cornigliano (direzione Centro, civico 268)
corso Sardegna (direzione Centro, civico 48)
corso Gastaldi (direzione Levante, civico 15)
in corso Europa poi quattro obiettivi composti da due impianti 'bidirezionali', uno sistemato sul lato Levante all'altezza dell'intersezione con via Tagliamento, l'altro sistemato dall'altra parte della strada.
Tutto questo è controllato dall'AMT, che guadagna sulle multe, quindi occhio, cazzo dritto e testa sulle spalle.
Le possibilità sono tre:
- Rispetto della Legge
- Multe
oppure la terza via:
Per Di Pietro (che è Di Pietro, non Beppe Grillo..): "E’ una legge liberticida, contro l’informazione libera e contro i blogger che ogni giorno pubblicano articoli mai riportati da giornali e televisioni. Io faccio parte del Governo (...) per quanto mi riguarda questa legge non passerà mai, anche a costo di mettere in discussione l’appoggio dell’Italia dei Valori al Governo."
In breve, e per quanto ho capito, il disegno di legge fa riferimento ai prodotti editoriali (con o senza scopo di lucro) che dovrebbero essere regolamentati tramite un registro. Quindi anche LOESCLUDO. dovrebbe iscriversi (pagando un bollo) al ROC, uno speciale registro custodito dall'Autorità per le Comunicazioni.
I siti registrati dovrebbero rispondere in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica come per la stampa.
Se sta legge insulsa venisse approvata in Parlamento, sarebbe l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione.
Spiega Sabrina Peron:"In parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il web era considerata semplice. Dunque le norme penali la punivano in modo più lieve. Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata. Diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa".
In sostanza Giorgiobar non potrebbe più realizzare le sue esclusive inchieste, e LOESCLUDO. perderebbe quel poco di hardcore che contiene...
Odio le petizioni "online", inoltre non credo proprio che questa legge passerà, ad ogni modo chi volesse firmare qui.. male non fa..
Così ricostruiva i fatti una nota della questura:
«Alle 6.25 personale di Polizia interveniva su segnalazione di alcuni cittadini che avevano riferito del comportamento strano di un giovane. Poco dopo, il giovane è stato colto da malore».
Caso chiuso. Morto per cause naturali, durante il trasporto in ospedale. Tre mesi dopo il decesso fu la mamma, con un blog aperto su Internet per chiedere nuove indagini, a far conoscere la vicenda a livello nazionale.
Emergono testimonianze che parlano di un controllo piuttosto energico da parte degli agenti intervenuti. Secondo i consulenti della famiglia ci sarebbe stata una violenta colluttazione tra quattro agenti e Aldrovandi, sottoposto ad una immobilizzazione forzata con schiacciamento della cassa toracica.
Il 9 gennaio 2007 c’è la richiesta di rinvio a giudizio per quattro poliziotti. La partita giudiziaria si giocherà su perizie mediche e sulle diverse ricostruzioni degli orari.
Ci sono tutti i brogliacci delle telefonate effettuate dagli agenti, e gli orari del loro intervento nel luogo dove Federico Aldrovandi cominciava la sua agonia. La Squadra mobile li mette a confronto con i documenti «puliti» che sono stati poi allegati agli atti dell’inchiesta. E scopre che tra la copia «in brutta» e quella in bella, ci sono differenze sostanziali.
Sull’orario dell’arrivo della prima pattuglia, i cui agenti sono accusati di aver pestato Aldrovandi: «Doverosamente si deve rilevare come il foglio di intervento originale, annullato con dei segni trasversali a penna, è parzialmente difforme» da quello poi trascritto agli atti. «In particolare, la difformità è relativa all’orario in cui è stato dato l'intervento, e la correzione fatta a penna contrasta con i fogli successivi ».
La questura comunica di aver ritrovato anche sette tamponi intrisi di sangue «relativi al giovane Aldrovandi» conservati da ormai due anni nei frigoriferi della Polizia scientifica, e mai messi agli atti. In una vicenda dove autopsie, perizie mediche e sopralluoghi contano molto, è un dettaglio che potrebbe avere la sua importanza.
Giustizia.
La depravazione, le guarigioni, gli intrighi,
l'eresia, le profezie e la morte cruenta di Grigorij
Efimovič
Novy.
Qualche
anno fa, nella mia ignoranza, credevo che
Rasputin fosse
solo il nome
del
criceto o
coniglio della
professoressa
Bartolini (deceduto).
Recentemente ho sentito alla radio un’intervista ad
Aldo Montano, Campione di scherma e personaggio del
“jet set”. In quell’occasione, lo schermidore (di
ritorno da una gara svoltasi a San Pietroburgo),
citava le ingombranti dimensioni del
pene di questo
soggetto, da lui definito: “Una montagna.” Non mi
ricordo cosa portava lo sportivo a parlare del pene
di Rasputin, ma la curiosità mi spinse a cercare
informazioni sul Russo.
Grigorij
Efimovič
Novy
“Rasputin” nacque a
Григо́рий
Ефи́мович
Распу́тин,
(Siberia) negli anni ‘60 del 1800. Sulla data di
nascita non si è certi in quanto lo stesso Rasputin
si invecchiava di proposito, anche di vari anni,
aiutato dal suo viso rozzo e solcato da rughe. Si
invecchiava con lo scopo di mantenere credibile la
sua figura di monaco, figura che in Russia godeva di
particolare prestigio se anziano.
Si narra che da piccolo cadde nel fiume gelido con
suo fratello e che riuscì a guarire da una grave
polmonite, dopo giorni di
deliri e strane
visioni. Suo fratello, invece, morì. Si trasformò in
fretta in un giovane uomo irrequieto che si
ubriacava, rubava e correva dietro alle donne per
soddisfare un appetito sessuale che sembrava non
placarsi mai (Rasputin è il soprannome che si
guadagnò proprio in quegli anni e, in russo,
significa depravato).
“Il nostro” si imbatté casualmente in una setta
rinnegata dalla Chiesa ortodossa, i quali adepti
sostenevano che per comprendere appieno l’essenza di
Dio era
necessario peccare. Solo con
l’intima conoscenza del male il peccatore poteva
pentirsi, e quindi ottenere il perdono.
L’uomo si doveva macchiare d’ogni tipo di colpa per
godere della grazia divina.
Rasputin, quasi diciottenne e semianalfabeta,
abbracciò con entusiasmo la nuova religione. Vestito
da monaco, si dedicò con impegno ai
dogmi della
setta, interpretandoli a suo piacimento. Si proclamò
veggente e guaritore. Diceva di essere guidato dal
volere di Dio. Durante i suoi continui pellegrinaggi,
attirò l’attenzione di molti. Da un breve matrimonio
ebbe tre figli.
Riprese immediatamente il suo vagabondare. Lo sguardo
da folle e la convinzione di essere in possesso di
conoscenze da rivelare a pochi eletti lo portarono a
San Pietroburgo. Frequentò con soddisfazione il
movimento nazionalista dei "Veri Russi".
Rasputin riuscì ad entrare negli ambienti di corte,
considerato in possesso di
misteriosi poteri sovrannaturali.
L’ultimo Zar, Nicola II della dinastia Romanov,
giovane ed immaturo, pregava da tempo affinché Dio
inviasse una guida per aiutarlo ad affrontare tutte
le responsabilità. Tra le altre cose lo Zar era
preoccupato dal mancato arrivo di un erede maschio.
Venuto alla luce Alessio, il tanto atteso figlio, i
genitori non poterono comunque gioire, il bimbo
infatti era emofiliaco, e questo destava notevoli
preoccupazioni.
Rasputin, grazie a questo momento di debolezza dello
Zar, trovò terreno fertile per i suoi sproloqui, e si
mosse con scaltrezza.
Con il suo “carisma” pare riuscì a conquistare il
cuore di molte donne aristocratiche, con le quali
intratteneva relazioni sessualmente “hardcore”.
Rasputin riuscì a bloccare l’ennesima emorragia del
piccolo Alessio. Sul come ci riuscì vi rimando a
varie teorie che si trovano anche su internet.
L’episodio fu sufficiente a rendere Rasputin un
membro della famiglia reale.
In Russia non ci si spiegava come fosse possibile che
gli imperatori accettassero un individuo così ambiguo
a palazzo. Molte persone dubitarono dell’”integrità
morale” dello Zar e della Zarina, che non avevano
fatto trapelare la notizia dell’emofilia del pargolo
per non destare preoccupazione tra i sudditi.
Rasputin non si adoperò certo per metter a tacere i
pettegolezzi. Varie testimonianze ci parlano di
banchetti durante i quali il monaco si
ubriacava,
mangiava con le mani,
ruttava rumorosamente e infine
si faceva
leccare le dita
dalle sue devote commensali.
È leggendaria la sua
avversione per l’acqua e il modo
in cui si svolgevano i suoi rari bagni. Erano bagni
collettivi, amava immergersi in grandi vasche con
molteplici donne con le quali si divertiva e dalle
quali si faceva lavare.
Si diceva che le quattro figlie dello Zar fossero ben
disposte a soddisfare le perversioni del monaco.
Rasputin,
ubriaco fradicio ad ogni
festa, raccontava degli incontri a sfondo sessuale
tra lui, la Zarina e le figlie. Alla fine
l’imperatore lo allontanò da corte. Quando il piccolo
Alessio fu sull’orlo di un altro dissanguamento, pare
che Rasputin, richiamato, riuscì ad arrestare
l’emorragia.
A questo punto i monaci e i vescovi che si opponevano
a lui venirono puniti dai Romanov. Si pensava che il
monaco fosse arrivato ad avere il controllo su ogni
questione concernente l’impero.
Nel 1916 una congiura di nobili vicini alla corte
decise che
il monaco doveva essere eliminato.
Nel dicembre di quell’anno, il principe Jusupov lo
invitò a cena nel suo palazzo, con la scusa di
presentargli la bellissima moglie
Irina.
Rasputin,
insaziabile come al
solito,
accettò con
entusiasmo. Irina era una delle poche donne con le
quali ancora non si era “dilettato”: non poteva
lasciarsi sfuggire una simile occasione.
Successivamente Jusupov spiegherà che aveva
organizzato l’assassinio per salvare l’impero. Ma il
fatto che Jusupov non si fosse mai dichiarato un
sostenitore della famiglia reale, e la sua dichiarata
bisessualità, fanno pensare che i motivi furono ben
altri. Secondo i piani l’avrebbero dovuto avvelenare.
Per essere sicuro del risultato Felix Jusupov
aggiunse cianuro a tutto quello che c’era di
commestibile e al vino che il monaco adorava.
Rasputin arrivò verso le undici e si tuffò sull’alcol
e sul cibo, ingurgitando abbastanza veleno da
uccidere sei uomini. Irina non era consapevole del
complotto e non sarebbe mai arrivata, ma Jusupov
prese tempo e attese accanto a lui che il cianuro
facesse effetto. Rasputin, mezzo ubriaco, si dilettò
nel suonare la chitarra fino alle due del mattino,
ora in cui propose di andare a fare un giro in città.
Il terrore di trovarsi di fronte a un essere capace
di cenare a base di veleno e accusare poi un semplice
bruciore di stomaco prese i congiurati riuniti al
piano di sopra.
Decisero di passare alle maniere forti. Jusupov scese
con una pistola e (si dice) vide il monaco che
pregava ai piedi di un crocefisso. Gli sparò nella
schiena. Rasputin era ancora vivo, ma i congiurati
pensarono che sarebbe morto per dissanguamento entro
poco. Un’ora dopo Rasputin sembrava morto, ma quando
Jusupov lo mosse, il monaco aprì gli occhi e cominciò
a chiamarlo per nome: “Felix… Felix… Felix…”.
Rasputin barcollando tentava di scappare dirigendosi
verso la porta, tra gemiti e parole sconnesse. Riuscì
ad arrivare in giardino, gli spararono altre quattro
volte. A terra continuò a gemere e a strisciare verso
il cancello. Presero a sferrare calci furiosi alla
testa del monaco finché quest’ultimo non smise di
muoversi. Successivamente Rasputin venne pugnalato e
preso a randellate, respirava ancora. Il suo
cadavere,
ben zavorrato, venne
gettato in un canale.
Riemerse due giorni
dopo (ci sarebbe anche la foto ma ve la risparmio);
sottoposto ad autopsia incredibilmente non vi si
trovarono tracce del veleno.
Fu riscontrata acqua nei polmoni, la qual cosa
significa che nonostante
il veleno, i colpi di pistola e le
bastonate,
incredibilmente Rasputin fu gettato nell'acqua ancora
vivo, e quindi morì annegato. Vennero presi dei
provvedimenti contro i partecipanti del complotto.
Jusupov fu mandato in "esilio in campagna",
Pavlovič
fu inviato
in Persia a combattere in prima linea.
Ironia della sorte, l’esilio salvò Jusupov, la
rivoluzione bolscevica di lì a poco avrebbe
rovesciato il trono nel sangue.
I contadini considerarono l’omicidio del monaco come
l’ennesimo sopruso ai danni del popolo da parte degli
aristocratici.
La sua morte fu la goccia che fece traboccare il
vaso. Durante le sommosse bolsceviche la tomba di
Rasputin fu violata, il corpo bruciato e le ceneri
disperse. Il monaco aveva previsto la sua morte con
largo anticipo. Lo scrisse chiaramente nei suoi
diari:
“Sento
che devo morire prima dell’anno nuovo. Se io verrò
ucciso dai nobili, le loro mani resteranno macchiate
del mio sangue e per venticinque anni non potranno
togliersi dalla pelle questo sangue. Zar della terra
di Russia, se tu odi il suono delle campane che ti
dice che Grigorij è stato ucciso, devi sapere questo.
Se sono stati i tuoi parenti che hanno provocato la
mia morte, allora nessuno della tua famiglia, rimarrà
vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal
popolo russo... Pregate, siate forti...”
Le
notizie inerenti le dimensioni “extra-strong”
del
fallo di
Rasputin, al quale “attrezzo” ho dedicato il titolo
solo per attirare la vostra attenzione, ci sono
giunte grazie alla brillante idea del principe
Josuppov, che dopo averlo terminato decise di
evirarlo.
Il suo membro venne successivamente
essicato, e
circolò a lungo dentro ad uno scrigno. Testimonianze
riportano che “assomigliava ad una lunga
banana rinsecchita”.
Lungo qualcosa più di 33 centimetri, “srotolato”
avrebbe potuto coprire quasi del tutto il Kolumbus
per larghezza.
Per chi lo volesse vedere, il membro definito:"Unico
e prezioso" dal sessuologo Igor Kniazkin è conservato
ed esposto al pubblico in un museo erotico di San
Pietroburgo. Aldo Montano lo ha definito:”Una
montagna, una cosa
impressionante”.
Detto
tutto questo, una cosa è certa. Se avessi un criceto
o un coniglietto non lo chiamerei
Rasputin.
un Babbeo:
Please, kids, don't be as stupid as I am. This could KILL you
Frizzy Pazzy & Soda
Frizzy Pazzy in mano a un'incapace
Si divertono come dei matti
E i Green Day ci hanno anche dedicato una canzone:
Pop Rocks and Coke !
Un presentatore non riesce a smettere di ridere sulle disgrazie del povero Valair che a causa di un episodio di malasanità è stato castrato per errore.
La carriera del presentatore è terminata in quella tragica serata...
Ecco la scena...
ah ah ah ah ah
La risata è un istinto assolutamente incontrollabile...
Quante volte si ride in momenti assolutamente seri durante i quali non è opportuno?
Vi consiglio di procurarvi il DVD che contiene la ricostruzione dei fatti di venerdì 20 luglio 2001 attraverso i documenti acquisiti al processo contro 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio.
Viene documentato come le FFOO abbiano gestito l'ordine pubblico nel pomeriggio di venerdì tra via Tolemaide e piazza Alimonda. La disorganizzazione, la mancanza di coordinamento, l'interruzione dei contatti con gli organizzatori dei cortei, l'approccio militare ha trasformato le strade di Genova in un teatro di guerra.
Il DVD è in vendita al prezzo di 7 euro; il ricavato serve esclusivamente a sostenere le spese della Segreteria Legale.
Chi ha dunque messo in crisi l'ordine pubblico a Genova?
due trailer: uno e due.
Sottolineo che è il DVD riporta verità processuali e non è l'opinione in merito del "CSOA PUGNO CHIUSO" di Napoli.
I commenti tipo: "quelle zecche se lo meritavano - se le cercavano - sono dei deficenti" potete andare a scriverli a questo indirizzo www.coisp.it, qui non sono graditi..
La ristampa della maglietta LOESCLUDO. con la quale avevamo iniziato io e berto.. sta per prendere FORMA.
siamo a quota 25 richieste... dobbiamo arrivare a 30... se siete interessati, e vi intimo di esserlo, scrivete qui oppure commentate questo post.. la t-shirt in questione è questa:
chi si è già segnato metta scriva la taglia che più lo aggrada!
come siamo seriosi ultimamente su Loescludo... presto torneremo con qualcosa che ci confermi i soliti cazzari. Non c'è niente di cui preoccuparsi..
destra o sinistra?
di donvitaliano
lavavetri / chiesa / politica
Non capisco perché i politici si arrabbino tanto, quando si dice che destra e sinistra attuano le stesse politiche. Per non scomodare le politiche dei governi nazionali, basta vedere quelle delle amministrazioni locali: sfido chiunque a dimostrare che Cofferati da Bologna, sia un sindaco di sinistra e Gentilini da Treviso, sia invece un vicesindaco di destra. E che dire dell’ordinanza del Comune di Firenze, guidato dal sindaco (rosso?) Dominici e da una maggioranza di centrosinistra, che se la prende con i lavavetri ai semafori? È un’ordinanza di destra o di sinistra? Alla radio ho seguito la presentazione di un libro di nonsocchì, che cerca di dimostrare che il liberismo è di sinistra! Sarà così ma, dal mio piccolo osservatorio, avverto che il “popolo sovrano” è sempre più confuso per quanto riguarda la politica e i politici.
Sono un prete che viene facilmente tacciato di essere di sinistra. Quand’ero ragazzo e cercavo di diventare prete, un parroco delle mie parti mi diceva che chi è figlio di comunista non può aspirare al sacerdozio. A molti preti come me è stata affibbiata l’etichetta di prete rosso. Dom Helder Camara, il vescovo brasiliano recentemente scomparso a cui non è mai stata risparmiata l’accusa di essere comunista, diceva: “se do da mangiare al povero mi dicono che sono un santo, se cerco di capire perché il povero non ha di che mangiare allora mi dicono che sono un comunista”.
Viene facilmente tacciato di comunismo chiunque pensa che la ricchezza non è casualmente distribuita e ritiene ingiusto l’ordine del mondo che fa molti poveri e pochi ricchi.
Ma c’è oggi chi farebbe carte false per non essere chiamato comunista e si affanna a gettare nella spazzatura non solo gli aspetti discutibili del proprio passato, ma anche le utopie, gli ideali, le lotte e le conquiste sociali per le quali altri hanno speso la vita. Napolitano, Bertinotti, D’Alema, Veltroni, Cofferati, Dominici e molti altri che comunisti lo sono stati - almeno nel senso che hanno avuto in tasca la tessera del partito comunista italiano o tessere analoghe - fanno a gara nel prendere le distanze dal comunismo sostenendo, ad esempio, che non si concilia con la libertà e con il mercato, mentre il mercato sarebbe perfettamente conciliabile, secondo loro, con la libertà. E così, più prendono le distanze dal comunismo, più aderiscono all’ideologia del capitalismo. Tragicamente questo comporta che per non essere più “comunisti” bisogna non vedere che esistono mercati che fagocitano gli uomini per salvaguardare i profitti; violazioni delle più elementari libertà; che masse di diseredati sono derubate del diritto ad una vita almeno non indecente; bisogna negare, cioè, che esistono ingiustizie strutturali da sovvertire, sistemi di disuguaglianze da rovesciare.
Io non credo che esistano soltanto le due categorie di comunismo e liberismo; quest’ultima vincente e l’altra di cui seppellire finanche i più miseri resti. Credo che tra di esse si insinuino, con la forza di cunei, le donne e gli uomini, il cui numero si conta in miliardi, che vivono ricacciati ai margini del sistema mondiale e a cui non è stata riservata alcuna possibilità di futuro. Tra questi i “famosi” lavavetri che tanto infastidiscono il sindaco fiorentino. Tra attuali liberisti e ex comunisti convertiti di fresco al neoliberismo, queste donne e questi uomini penso siano la parte con la quale stare, per la quale schierarsi.
Fino a che non sono comparsi sulla scena politica questi loschi figuri sinistri (loro si!) che, sfruttando gli ideali e l’elettorato di sinistra sono diventati sindaci, deputati, ministri, presidenti della Camera, capi di governo e dello Stato, il termine sinistra ha sempre rivestito alcuni significati simbolici, legati alla diversità, all’essere fuori standard, a guardare il mondo dal lato da cui la maggioranza non guarda. Oggi, concretamente, dovrebbe voler dire pacifismo, non violenza, ambientalismo, solidarietà, disobbedienza alle leggi ingiuste, lotta contro la globalizzazione dei mercati. La sinistra è il lato dei perdenti, dei senza potere, degli esclusi, degli emarginati, dei senza casa, dei senza terra, dei senza lavoro, dei senza alimenti, dei senza salute, dei senza educazione, dei senza libertà, dei senza giustizia, dei senza indipendenza, dei senza democrazia, dei senza pace, dei senza patria, dei senza domani.
Essere di sinistra dovrebbe significare stare dalla parte dei giovani, delle donne, degli omosessuali, degli immigrati, dei portatori di handicap, dei vecchi, dei cosiddetti malati di mente, dei tossicodipendenti, insomma di tutti coloro per i quali non c’è spazio in un mondo che vive per produrre, proprio come i lavavetri fiorentini. Essere di sinistra per me vuol dire incarnare il mio essere cristiano in questo particolare momento storico; significa concretizzare quella opzione per i poveri che non è una scoperta recente ma appartiene al Vangelo come elemento essenziale. E optare per i poveri significa scegliere la loro causa, i loro interessi; ed escludere, perciò, necessariamente gli interessi conservatori dei ricchi, il loro stile di vita (che è un insulto ai poveri), i loro privilegi, la loro gestione parziale del potere, i loro sfruttamenti. Essere di sinistra non significa ridursi a sedere nel lato sinistro di Parlamento e dei vari parlamentini, né ridursi all’appartenenza alla sinistra storica, né ad un partito politico, o avallare le scelte di un partito, solo perché si dice di sinistra.
Per me vale quello che diceva don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, nella sua famosa lettera a un giovane comunista (e Dominaci dovrebbe saperlo bene): “hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero ad avere ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione. Ma come è poca parola questa che tu m’hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso. Quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più “hai ragione”. Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo: “Beati i poveri perché il Regno dei cieli è loro”. Ma il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene, quel giorno io ti tradirò”.
Allora bisogna disassuefarsi dal quietismo borghese e capire che la coerenza della militanza a sinistra passa in primo luogo attraverso l’analisi delle realtà marginali, passa poi attraverso la denuncia, non di ufficio, non generica, ma puntuale e circostanziata delle responsabilità che determinano e mantengono l’emarginazione; in secondo luogo una militanza coerente passa attraverso un impegno costante, non soltanto pre elettorale o televisivo; ma, più di ogni altra cosa, la militanza passa attraverso un proporre e un fare efficace, che confermi e non smentisca una opposizione, durata decenni, a certe politiche razziste, liberiste, di destra.
Dominaci & C. dovrebbero saperlo bene - visto che per anni ce lo hanno raccontato fino alla noia - che i lavavetri, e più in generale gli immigrati, sono il frutto di secoli di sfruttamento che i “nostri” padri hanno messo in atto nei confronti dei “loro”; sfruttamento che continua oggi, si chiama globalizzazione dei mercati e viene attuato dai governi del nord, di destra e di sinistra, contro i sud del mondo. Con questo non voglio dire che l’immigrazione oltre che una risorsa non sia anche un problema. I lavavetri infastidiscono, è vero. Ma nessuna persona razionale e sufficientemente informata può ritenere che davvero la strategia repressiva risolva qualcuno dei problemi sollevati dall’immigrazione. Erigere muraglie nel tempo della globalizzazione totale è come recitare giaculatorie per fermare la pioggia. In conseguenza dell’appesantimento del controllo repressivo avremo solo una intensificazione del dominio della illegalità e della delinquenza sull’immigrazione. Non è questo che vogliono le strategie repressive, ma questo è lo sbocco inevitabile. Ed è proprio ciò a cui puntano le forze politiche ed economiche irresponsabili che da un lato cavalcano il disagio, la paura e le angosce della gente, mentre dall’altro fanno affari d’oro con gl’immigrati irregolari, facendoli lavorare a nero con salari irrisori, senza diritti né sicurezze, oppure utilizzandoli per manovalanza in traffici loschi.
Il problema vero, primario, non è l’immigrazione, ma la globalizzazione liberista. L’economia basata sul valore assoluto e quindi totalitario del danaro e del profitto sfrutta il divario Nord-Sud per annullare gradualmente la società dei diritti, per distruggere lo stato sociale, per portare a fondo la sconfitta della classe operaia e della sua cultura solidale. Al dominio della finanza che regola il libero mercato fa comodo un Terzo Mondo disperato. E gli immigrati servono in quanto assolutamente ricattabili, bisogna quindi che almeno in certa misura siano irregolari, braccati, disperati, impauriti, affamati, pronti a subire tutto per sopravvivere.
Anche questo Dominaci & C. dovrebbero saperlo bene, certamente meglio di me, visto che anche su questo hanno basato le loro campagne elettorali e anche per questo sono stati eletti; allora delle due l’una: o sono ignoranti o in mala fede. In ogni caso, " que se vayan todos" (che se ne vadano tutti) come hanno gridato milioni di persone in Argentina contro partiti che anziché proporre politiche e leggi giuste e eque, per puro tornaconto economico ed elettorale, si lasciano trascinare dagli umori di un elettorato disinformato e ignorante. E non venite a parlarmi di democrazia e di rappresentanti eletti dal popolo! Perché anche il popolo di Beppe Grillo, quello dei girotondi e mille altri che non si riconoscono con questa casta politica, sono la democrazia. Anzi la casta del palazzo dovrebbe ringraziare chi come Grillo riunisce gli scontenti e da loro la possibilità di sfogarsi contro i potenti di turno: l’alternativa, non ce lo auguriamo, potrebbe essere la ripresa di un terrorismo extraparlamentare e la P38. Negli anni ’70, in una situazione politica analoga a quella odierna, il muro contro muro tra istituzioni e movimenti, con l’avallo della sinistra, procurò soltanto l’acuirsi di ostilità e di esasperazioni sociali, sfociate proprio nel terrorismo; oggi rischiamo di assistere allo stesso schema di involuzione democratica e di scontro mortale, nel quale si rischia di bruciare democrazia e libertà.
Sono sicuro che purtroppo l’ordinanza avrà un consenso diffusissimo, ma contro ci sono “ragioni” enormi: il rifiuto dell’autoritarismo, il rispetto della dignità di ciascuno. Bisogna rifiutare la logica dell’esclusione, del prendersela con il debole per distrarre rispetto ai problemi “forti” delle nostre città che non si vogliono affrontare: cementificazioni, traffico, tumori e malattie respiratorie in aumento, danni ambientali, politiche abitative disastrose, una società sempre più precaria, un potere d’acquisto in perenne caduta. Invece di affrontare questi temi, si decide di investire sulle paure del cittadino benpensante, emarginando ulteriormente l’immigrato, il lavavetri, il senza fissa dimora, il punkabbestia, il graffitaro…. le logiche di questa ordinanza sono da rifiutare senza appello se esiste ancora una cittadinanza democratica.
Sono le garanzie democratiche che occorre difendere da questa ordinanza: quello che vale oggi per il lavavetri, potrà valere domani per ciascuno di noi. Se lasciamo passare il principio sarà solo una questione di tempo: noi stessi diventiamo ogni giorno più precari, noi stessi ci impoveriamo ogni giorno di più. Oggi il bersaglio è il lavavetri, il precario al quadrato, e domani ciascuno di noi, ciascuna categoria potrà diventare un bersaglio per nuove esclusioni.
Una società democratica ha il dovere di attuare politiche sociali efficaci: primo soccorso e assistenza verso gli immigrati in difficoltà, senza prevedere l’uso delle polizie e senza il bisogno di armare i vigili urbani. Bisogna pretendere dignità e umanità in favore dei più deboli, italiani o stranieri: un letto per dormire, un piatto caldo al giorno, un posto dove lavarsi, un lavoro dignitoso. Credo che la sicurezza sia importante, specialmente quella di vivere in città pacifiche e accoglienti, e non “pacificate” attraverso la rimozione forzata dei problemi. Ma se la sicurezza nelle nostre città è indispensabile, prima della sicurezza viene la dignità della persona. Altro che politiche di destra proposte e attuate da amministratori di sinistra!
don Vitaliano
don Vitaliano "la mia parrocchia vasto mondo"
Wikipedia - Don Vitaliano Della Sala